LE MONTAGNE RUSSE Da "L'evoluzione della Fisica", Albert Einstein e Leopold Infeld, Boringhieri 1976. Analizziamo il moto di quella popolare fonte di emozioni che sono le montagne russe. Un vagoncino viene sollevato o spinto fino al punto più elevato di un binarietto. Quando viene sganciato e lasciato a se stesso, il vagoncino comincia a correre in giù per effetto della gravità e poi seguita a salire e scendere lungo un fantastico tracciato, tutto dislivelli e curve procurando, con i repentini cambiamenti di velocità, una serie di emozioni ai suoi occupanti. Ogni montagna russa ha il suo punto più elevato che è quello in cui il vagoncino viene lasciato libero. Per tutta la durata del suo moto esso non raggiungerà mai più la stessa altezza. La rappresentazione completa di questo moto sarebbe assai complicata. Da un lato abbiamo l'aspetto meccanico del problema, vale a dire le variazioni di velocità e di posizione nel tempo; d'altro lato abbiamo l'aspetto calorifico, ossia la creazione di calore nelle ruote e nelle rotaie, per effetto dell'attrito. A dir vero, la divisione del processo fra questi due aspetti obbedisce più che altro allo scopo di rendere possibile l'utilizzazione dei concetti precedentemente discussi. Tale divisione conduce ad un esperimento ideale, poiché un processo fisico che presenti soltanto l'aspetto meccanico può bensì venir immaginato, ma giammai effettuato. Agli effetti dell'esperimento ideale possiamo immaginare che un tale abbia trovato il modo di eliminare completamente l'attrito, compagno indivisibile del moto. Questo tale decide di applicare la sua invenzione alla costruzione di una montagna russa e comincia a fare delle prove. Supponiamo che il vagoncino inizi la sua corsa da un punto di partenza situato a trenta metri di altezza sul livello del suolo. Provando e riprovando, il nostro inventore constaterà ben presto che egli deve attenersi ad una regola molto semplice: il vagoncino potrà percorrere tutti i tracciati possibili ed immaginabili, con l'unica limitazione che nessun punto di essi sia più elevato della stazione di partenza. Affinché il vagoncino possa arrivare liberamente al termine del percorso, questo potrà bensì toccare, quante volte si voglia, l'altezza di trenta metri, però mai sorpassala. Beninteso, in pratica, un vagoncino non può mai raggiungere l'altezza iniziale, causa l'attrito; ma come premesso, ciò non preoccupa il nostro inventore immaginario. Continuiamo ad attenerci al nostro esperimento ideale che prescinde dall'attrito e seguiamo il moto del vagoncino, dall'istante in cui lascia la stazione di partenza per cominciare a scendere. A misura che esso si muove, la sua distanza dal suolo diminuisce, ma la sua velocità aumenta. Sulle prime, questa proposizione ricorda quelle di una lezione di lingue: " Non ho lapis, ma voi avete sei arance. Tuttavia essa non è così stupida. Non c'è nesso fra il mio possesso di un lapis ed il vostro di sei arance. Esiste invece una effettiva correlazione fra la distanza del vagoncino dal suolo e la sua velocità. Si può benissimo calcolare la velocità del vagoncino in qualsiasi istante, ove si conosca la sua altezza dal suolo da un punto di partenza situato a trenta metri di altezza sul livello del suolo. Non entreremo però in maggiori particolari, dato che questi hanno necessariamente carattere quantitativo e che perciò soltanto una formula matematica può esprimerli chiaramente. Nel punto più alto del suo percorso, il vagoncino ha la velocità zero e si trova a trenta metri dal suolo. Nel punto più basso possibile la distanza dal suolo è nulla e la velocità è massima. Questi (atti possono esprimersi in altri termini, e cioè: nel punto più alto il vagoncino possiede energia potenziale, ma è privo di energia cinetica o di moto. Nel punto più basso invece, esso possiede il massimo di energia cinetica, ma nessunissima energia potenziale. In tutte le posizioni intermedie, nelle quali una certa velocità si accompagna ad una certa elevazione, il vagoncino possiede ad un tempo energia cinetica e potenziale. L'energia potenziale aumenta con l'altezza, mentre l'energia cinetica cresce con l'aumento della velocità. I soli principi della meccanica bastano a spiegare il moto qui considerato. Nella corrispondente formulazione matematica appaiono due espressioni per l'energia, entrambe variabili ma la cui somma non varia. In tal modo i due concetti, quello di energia potenziale, dipendente dalla posizione, e quello di energia cinetica, dipendente dalla velocità, rivestono significato matematico rigoroso. Le due denominazioni sono, ben inteso, convenzionali e giustificate soltanto dall'utilità pratica. La somma delle due quantità non varia e viene designata come una costante del moto. L'energia totale, e cioè la cinetica più la potenziale, può venir comparata ad una somma di denaro il cui valore complessivo non muta, ancorché venga continuamente cambiato da una valuta in un'altra e viceversa, ad esempio da lire a dollari, poi da dollari a lire e così via, ma sempre ad uno stesso tasso fisso di cambio. Anche nelle vere montagne russe, nelle quali l'attrito impedisce al vagoncino di mai raggiungere la stessa altezza dalla quale è partito, si verifica un continuo scambio fra energia cinetica e potenziale. Qui però la somma non rimane costante, ma seguita a diminuire. Per contro riscontriamo creazione di calore. Donde la necessità di un ulteriore passo importante ed ardito per giungere alla correlazione fra gli aspetti meccanici e calorifici del moto. Più innanzi avremo occasione di constatare l'estrema importanza delle conseguenze e generalizzazioni derivanti da tale passo. Oltre le due energie, la cinetica e la potenziale, un altro fattore entra dunque ora in giuoco, e cioè il calore creato dall'attrito. Corrisponde forse questo calore alla diminuzione dell'energia meccanica, vale a dire, energia cinetica e potenziale prese insieme? Azzardiamo una nuova congettura. Se il calore può venir considerato come una forma di energia, allora forse è la somma dei tre fattori e cioè: calore, energia cinetica ed energia potenziale che rimane costante. Non è il calore soltanto, bensì l'insieme costituito dal calore e dalle altre forme di energia che si manifesta indistruttibile al pari di una sostanza. È come se qualcuno pagasse a se stesso una commissione in sterline per convertire lire in dollari e viceversa, in modo che economizzando la commissione, l'importo complessivo in lire, dollari e sterline, ai tassi di cambio convenuti, rimanga fisso. Il progresso scientifico ha demolito il vecchio concetto del calore come sostanza. Noi cerchiamo di creare una nuova specie di sostanza e cioè l'energia, una delle cui forme è il calore.