Sviluppo affettivo

Sviluppo affettivo

 

Un sano sviluppo della personalità dipende sia dall'adeguato sviluppo della sfera cognitiva, affettiva e sociale, sia dalle interazioni che la persona stabilisce con l'ambiente esterno nel corso della sua evoluzione. L'analisi degli aspetti affettivi include esperienze psichiche relative alla soggettività, che si connotano secondo la polarità antitetica piacere-dispiacere, in base all'intensità, alle modalità di insorgenza, ed alla durata. In base agli elementi suddetti i fenomeni affettivi si dividono in: sentimenti, emozioni ed umore. I sentimenti sono i componenti basilari dell'affettività, sono persistenti ed esprimono la risonanza affettiva con la quale la persona vive la realtà corporea, la sua socialità ed i suoi processi psicologici. Le emozioni sono stati affettivi spesso intensi, ad insorgenza acuta e di rapido esaurimento; influenzano i processi psichici ed il comportamento e si esprimono sul versante corporeo e neurovegetativo. L'umore è la tonalità affettiva di base, va a costituire il temperamento abituale di una persona e lo stato affettivo temporaneo.

Studiare lo sviluppo affettivo significa analizzare il tipo di rapporti che il soggetto instaura con l'ambiente e le caratteristiche individuali, evidenziando i fattori che influenzano l'evoluzione.

Aspetti di ordine ambientale che condizionano la qualità delle relazioni affettive possono essere:

- il comportamento dei genitori, in modo specifico quello della madre nei primi anni di vita; - l'atteggiamento di accettazione o di rifiuto dell'ambiente;

- la possibilità di sperimentare esperienze sociali positive.

 

Particolarmente importante è la relazione madre-figlio, infatti la madre offre la prima relazione oggettuale del bambino, sull'esperienza della quale egli costruirà le successive relazioni interpersonali. Se questo rapporto manca o viene significativamente alterato precocemente, nel bambino si genereranno, dal punto di vista emozionale, stati carenziali che influenzeranno negativamente e spesso irreversibilmente, il suo sviluppo psicofisico.

Per carenza affettiva si intendono diverse sindromi caratterizzate da una condizione prolungata di non soddisfazione dei bisogni primari del bambino nel rapporto diadico con la madre.

I bambini che sperimentano una condizione di carenza affettiva sono quelli istituzionalizzati, ospedalizzati, o quelli che sono allontanati per lungo tempo dalla famiglia senza la possibilità di godere di un sostituto materno valido.

Autori quali Spitz, Bowlby e la Bender hanno studiato approfonditamente molti casi clinici di bambini cresciuti in condizioni affettivamente deprivanti, hanno conseguentemente evidenziato come questo stato carenziali produca effetti diversi, sempre negativi, a seconda del tipo di separazione, dell'età del bambino, della presenza o assenza di un precedente rapporto con la madre.

Fra questi effetti si trova: un progressivo rallentamento delle funzioni psicofisiche, difficoltà o impossibilità di stabilire adeguate relazioni interpersonali fino ai casi più gravi di deterioramento irreversibile delle funzioni cognitive, gravi alterazioni della sfera affettiva. Spitz fece studi sulla carenza da insufficienza grazie ai quali osservò che bambini di sei/diciotto mesi che si trovavano in tale stato passavano attraverso tre stadi: piagnucolamenti, grida acute con perdita di peso ed arresto nello sviluppo, ritiro e rifiuto del contatto (depressione analitica).

La teoria di Spitz fa capo alla psicoanalisi genetica e si colloca nel filone della psicologia dell'Io di Hartmann. Questa corrente distingue la crescita in due processi: i processi di maturazione, che riguardano il patrimonio ereditario e non dipendono dall'ambiente; i processi di sviluppo, che dipendono invece dall'ambiente e dalle relazioni oggettuali. Spitz, per formulare la sua teoria sull'evoluzione psicogenetica, ha osservato direttamente il bambino: nei primi anni di vita ci sono tre organizzatori dello psichismo che caratterizzano alcuni livelli essenziali dell'integrazione della personalità, in essi i processi di sviluppo e di maturazione si combinano.

Lo stabilirsi di un organizzatore dipende dalla comparsa di indicatori, ossia nuovi schemi di comportamento di seguito illustrati. La comparsa del sorriso di fronte al volto umano si stabilisce intorno ai due/tre mesi, quando si ha la prima relazione preoggettuale indifferenziata e la comparsa della percezione esterna. La comparsa della reazione d'angoscia di fronte all'estraneo, intorno agli otto mesi, periodo in cui c'è la capacità di distinguere fra Io e non Io, c'è relazione con oggetti diversificati. La comparsa del No, al secondo anno di vita, in cui il bambino sa distinguere perfettamente fra sé ed oggetto materno e quindi ha relazioni sociali; qui compare anche la capacità di concettualizzare in modo astratto, simbolico.

Anche Bowlby studiò le carenze affettive dal punto di vista quantitativo, focalizzando l'attenzione sulla carenza da discontinuità dei legami o separazione. I problemi maggiori insorgono in presenza di una carenza affettiva fra i cinque mesi ed i tre anni. Come Spitz, anche Bowlby individua tre fasi attraversate dal bambino privato delle cure materne: fase di protesta, al momento della separazione il bambino piange o si agita per due giorni; fase di disperazione, il bambino smette di mangiare, non si veste e pare depresso; fase del distacco, il bambino accetta le cure ma potrebbe non riconoscere la madre. E' stato costruito un percorso evolutivo caratteristico dei primi due, tre anni di vita, che comprende 4 momenti distinti: il bambino attraversa dapprima una fase di preattaccamento, in cui i suoi comportamenti puramente istintivi e riflessi avrebbero lo scopo di sollecitare risposte di protezione da parte della madre; successivamente, intorno al secondo-sesto mese si viene a determinare un interesse privilegiato del piccolo verso la madre che non comporterebbe però ancora ansia e paura nei confronti di questa.

L'attaccamento vero e proprio si evidenzia a partire dall'ottavo mese e per tutto il secondo anno: il bambino oltre a manifestare in modo spiccato comportamenti caratteristici quali, per es. seguire la madre, aggrapparsi ad essa, toccarla, evidenzia una netta reazione di paura, di ansia se non addirittura angoscia, in presenza di individui estranei e durante la separazione dalla madre.

Questa inoltre costituisce con la sua presenza in un luogo non conosciuto, una base sicura che permette l'esplorazione dell'ambiente. Nella fase successiva, durante il terzo anno il piccolo instaura una relazione reciproca con la mamma; il suo pensiero ormai è di tipo simbolico, gli consente di rappresentarsi mentalmente il suo ritorno o la sua presenza anche in sua assenza.

Di particolare interesse i comportamenti innati specie specifico, importanti dal punto di vista evolutivo perché favoriscono la sopravvivenza del bambino permettendogli di essere in grado di badare a se stesso o di attirare l'attenzione dell'adulto con comportamenti quali piangere, succhiare, sorridere e afferrare. Molti riflessi, come quelli che controllano la respirazione, rispondono ad esigenze vitali. Altri riflessi essenziali rendono possibile la nutrizione: succhiare, inghiottire, ecc. Alcuni di questi riflessi rimangono tutta la vita, mentre altri svaniscono.

I riflessi sono ereditari e di tipo adattivo, stereotipati nella loro forma; sono movimenti del corpo che orientano l'organismo verso un particolare stimolo, azioni a schema fisso. Nella prima infanzia lo sviluppo motorio è cefalo-caudale: i bambini riescono a controllare occhi e testa prima delle mani.

Lo sviluppo è anche prossimo-distale: esso procede dal centro del capo alle estremità, dai muscoli più grandi ai più piccoli. La maggioranza di bambini normali attraversa la stessa successione fondamentale nell'acquisire le abilità motorie: sedere, procedere a carponi, stare in piedi (9-16 mesi) e camminare(9-17mesi). Lo sviluppo motorio dei bambini segue lo stesso percorso in tutti i membri della specie.

La teoria di Bowlby appartiene alle teorie etologiche assieme a quelle di Harlow: queste teorie studiano il soggetto nel proprio ambiente naturale. Bowlby è stato il primo ad integrare gli studi dell'etologia con la psicologia dello sviluppo; egli infatti, studiando i neonati, si accorse che molti dei loro comportamenti innati si ritrovavano anche nei piccoli degli animali. Le sue osservazioni sui neonati lo portarono a sostenere che l'attaccamento sociale tra il piccolo e la madre era necessario per uno sviluppo normale. In questo ambito la teoria dell'attaccamento di Bowlby è la prospettiva teorica di riferimento.

Attaccamento sociale: il 1° anno di vita è critico perché si formi un fondamentale senso di fiducia negli altri e di speranza nel futuro. Ed in ciò le esperienze che coinvolgono il padre e la madre sono le più importanti. Se che si prende cura del bambino risponde ai suoi bisogni in modo affidabile ed attento, il bambino sarà più felice e piangerà di meno rispetto a quelli ignorati (1° anno di vita). Bowlby ritiene che l'attaccamento si sviluppi fra i sei ed i nove mesi, questa particolarissima relazione, fra bambino e madre, si sviluppa in base ad alcuni principi da lui elencati: la tendenza innata a guardare le cose in movimento e certe forme a preferenza di altre; l'apprendimento per esposizione, grazie al quale il bambino riconosce le cose che gli sono familiari e la sua tendenza ad accostarglisi; il rinforzamento di alcuni risultati e l'indebolimento di altri. Verso i 7 mesi i bambini sviluppano un forte legame nei confronti della madre e di una o due persone con cui ha familiarità. I bambini che hanno sviluppato questo attaccamento, piangono quando la madre li lascia e si aggrappano a lei quando hanno paura o si fanno male.

La forza dell'attaccamento può variare molto: alcuni formano relazioni sicure, altri meno fortunati, formano relazioni insicure. Poiché l'attaccamento sociale dipende dalle interazioni sociali, la qualità della relazione madre-figlio è cruciale.

Sfortunatamente anche le madri meglio intenzionate non possono controllare pienamente le qualità delle loro interazioni con le altre persone, compresi i propri figli, così è inevitabile che certe relazioni di attaccamento madre-figlio siano meno sicure di altre. I bambini il cui legame con la madre è insicuro, possono sviluppare problemi emotivi e di comportamento. Negli ultimi anni, gli impegni lavorativi delle donne, hanno fatto emergere l'importanza della figura del padre nell'educazione quotidiana dei figli. Questo può provocare un legame verso i padri, non meno forte che verso le madri, specialmente se anche il padre nutre il bambino, lo lava, ecc. Fra i nove ed i diciotto mesi i primi comportamenti di attaccamento, soprattutto succhiare, seguire, piangere, aggrapparsi e sorridere, si fondono con comportamenti più complessi perché si ha un collegamento tra componenti innate ed apprese. Sempre secondo Bowlby l'individuo agisce spontaneamente per soddisfare le richieste dell'ambiente, non come sostengono Lorence e Freud perché spinto da impulsi biologici a cacciare cibo, a fuggire per salvarsi o per cercare un compagno.

La critica di Bowlby alla teoria psicoanalitica si rivolge anche al principio secondo il quale lo stabilirsi della relazione con l'oggetto libidico avvenga per soddisfare il bisogno orale. Bowlby era in contrasto anche con la teoria dell'apprendimento centrata sul rinforzo, che vede la madre come rinforzo secondario; l'autore ritiene che l'attaccamento del bambino alla madre sia in funzione di comportamenti tipici della specie, innati; la prova di quanto dice si ritrova nell'osservazione di bambini nati ciechi o sordi che acquisiscono ugualmente il sorriso sociale all'età di sei settimane. Questi comportamenti hanno la funzione di mantenere il piccolo vicino alla madre e viceversa. Le descrizioni di Spitz e Bowlby del normale sviluppo evolutivo partendo dall'osservazione di situazioni di deprivazione sono state molto utili; attualmente l'attenzione è però rivolta all'ospitalismo intrafamiliare, ossia alla carenza affettiva che può instaurarsi in senso alla qualità della relazione, in seguito ad un alterato rapporto con la madre senza che avvenga una separazione fisica. Spesso la madre, in famiglie multiproblematiche, può essere inaffidabile ed imprevedibile, di conseguenza, il rapporto che instaura con il suo bambino è inadeguato o patogeno; ciò può determinare una condizione di fragilità dell'Io deteriorandone il successivo sviluppo della personalità.

Una madre non accogliente, non contenitiva, che non sa offrire un adeguato maternale, sia per una sua condizione emotiva sia per difficoltà oggettive di vita, fa sì che il bambino non sperimenti un adeguato attaccamento. Lo sviluppo affettivo è stato descritto soprattutto attraverso i risultati offerti dalla psicoanalisi. La psicoanalisi è retta da assunti di fondo che costituiscono dei modelli che si integrano l'uno con l'altro, per dare una interpretazione articolata dello sviluppo.

Due sono fondamentali:

1) L'uomo è un essere conflittuale, nel quale le pulsioni, e i loro derivati: cioè i desideri, si scontrano con le esigenze esterne, materiali (non disponibilità degli oggetti e dei mezzi di soddisfazione) e sociali (divieti), queste ultime trasformatesi in esigenze interiorizzate. L'uomo è quindi inevitabilmente un essere frustrato, angosciato, che per sopravvivere elabora dei meccanismi di difesa.

2)L'uomo è un essere passionale, cioè asociale (narcisista, perverso polimorfo) e irrazionale (governato dal principio del piacere) che cerca di diventare sociale e razionale per sopravvivere, e non essere sopraffatto dall'angoscia, con molteplici e anche raffinati compromessi come l'altruismo, la cooperazione, la cultura.

Sono messi in luce, inoltre, i principi economici e le leggi dinamiche dello sviluppo che possiamo così riassumere:

A) L'energia di base è stata definita libido. Tale energia, originariamente indifferenziata, evolve nel fascio delle tendenze che poi definiamo personali, sessuali e sociali. All'inizio nel bambino sarà presente una libido narcisistica e poi quando egli sarà in grado di distinguere dal sé il mondo esterno, si parlerà di libido oggettuale.

 

B) L'energia di base non comprende solo forze che corrispondono all'attrazione verso il sé o verso l'oggetto: forze erotiche; bensì anche forze di repulsione, tendenti all'allontanamento, alla distruzione, definite aggressive. Una parte di queste sono dirette anzi verso il soggetto stesso e determinano l'auto-aggressività. L'impulso aggressivo ha origine precocissima ed è stimolato dalle primitive frustrazioni del bambino. La reazione primitiva automatica, alla frustrazione, è infatti l'aggressività rivolta all'oggetto frustrante, che all'inizio è la madre, verso la quale si stabilisce un rapporto ambivalente: impulsi d'affetto coesistono con impulsi aggressivi.

L'aggressività è rivolta ad un oggetto che è anche l'oggetto d'amore, d'attrazione. In un secondo tempo il soggetto si rende conto di questa ambivalenza e della propria tendenza distruttiva verso la madre ed avverte una situazione di conflitto e quindi di ansia in quanto teme di perdere l'oggetto d'amore. L'energia degli impulsi non può essere annullata, può essere solo rimossa, trasferendo l'impulso stesso a livello inconscio, così da essere ignorato sul piano della coscienza.

Oltre alla rimozione però, può aversi nel bambino il trasferimento degli impulsi aggressivi verso se stesso; gli impulsi eterodistruttivi, diventano così autodistruttivi, autoaggressivi.

 

C) L'evoluzione delle tendenze passa attraverso fasi di polarizzazione dell'interesse del soggetto su certe parti del corpo. Così la sessualità dapprima diffusa o indifferenziata, passa successivamente attraverso una fase orale: anale-fallica-genitale. Però rimangono nell'adulto es. quote di oralità sessuale (manifestata nel bacio).

 

D) Nel rapporto di dipendenza del bambino rispetto alle persone dell'ambiente familiare che lo circondano, la figura dominante è la madre; poi vengono altri componenti della famiglia. Lo sviluppo va da una posizione di assoluta dipendenza ad una di progressiva indipendenza da queste figure, dalle quali però non diverrà mai totalmente indipendente.

 

E) Per quanto riguarda la vita morale, si è evidenziato il passaggio da una prima fase di morale eteronoma, proprio del bambino piccolo che fa certe cose solo per evitare rimproveri e meritare premi, diretta dall'esterno, ad una successiva fase di morale autonoma, caratteristica del soggetto che ha interiorizzato le norme.

 

F) Alcuni studiosi danno importanza anche al periodo intrauterino, prenatale per quanto riguarda lo sviluppo psichico. Lo sviluppo della vita prenatale ha ricevuto un notevole impulso nell'ultimo decennio grazie all'introduzione ed al perfezionamento di alcuni strumenti di indagine fra cui l'ecografia. L'ecografia è una tecnica agevole che permette l'osservazione diretta del feto in utero, consentendo di rilevare la sua attività motoria, è un processo di osservazione assimilabile allo specchio unidirezionale. Lo studio degli aspetti qualitativi e quantitativi della motilità fetale è importante perché permette diagnosi e prognosi nell'evoluzione di una gravidanza, con particolare attenzione alla salute del feto. Inoltre permette di indagare sull'esistenza e sulle caratteristiche di un'attività mentale del feto; la psicologia fetale va a confermare l'ipotesi che la nascita non rappresenti che un momento, sebbene cruciale, nel corso dello sviluppo psicofisico, non certo il suo inizio.

 

La tradizionale classificazione psicodinamica dello sviluppo prevede le seguenti fasi:

 

Prima infanzia - Fase Orale: 1° anno

Il piacere in questa fase è dato dal succhiare e si colloca nella bocca. Verso i 6 mesi c'è il piacere di morsicare. La personalità nasce come un insieme di tendenze allo stato puro, cioè di impulsi e bisogni che vogliono soddisfazione piena e immediata. ES= è li complesso di forze istintive che l'individuo riceve in dotazione dalla specie. La personalità del soggetto è inizialmente tutta costituita di ES. Invece nell'adulto l'ES costituirà solo una parte, essendosi nel frattempo sviluppati l'io: componente cosciente e razionale ed il super-io: componente normativa, sociale.

L'es è dunque irrazionale. Alla personalità infantile iniziale, che si identifica con l'es, si contrappone la realtà esterna che pone dei limiti, risultando cioè frustrante: quindi da una quota di personalità nasce l'io che si pone come istanza mediatrice tra l'es e la realtà e che ha il compito da un lato di interpretare i bisogni dell'es e dall'altro di accordarli con la realtà. Il tipo particolare di rapporto che il bambino ha con la realtà, permette di distinguere nella fase orale diversi periodi:

 

 

Periodo del rapporto pre-oggettuale con la realtà: i primi due mesi, nei quali il bambino non percepisce le realtà "fisica" come esterna. Egli ad esempio non avverte il seno materno e la madre stessa come diverso da sé, ma come qualcosa di personale. E' la fase definita del narcisismo primario: posizione egocentrica assoluta. Mahler chiama questa fase "autismo normale; Spitz "assenza dell'oggetto"; Hartman, A.Freud, Kris "fase indifferenziata". Per gli psicoanalisti delle relazioni oggettuali (Klein, Bowlby, Winnicott, Mahler, Spitz) la capacità di porsi in relazione con l'oggetto avviene quando avviene la differenziazione tra il Sé e l'oggetto. Mentre per Freud tale capacità deriva dall'integrazione delle pulsioni sotto il primato della genitalità.

 

Periodo del rapporto oggettuale con oggetto precursore: è la fase caratterizzata dal sorriso del bambino, di fronte ad un oggetto costituito da un volto, che sia situato di faccia e che si muova; di profilo non provoca il sorriso. Questo periodo il bambino ha iniziato il rapporto con oggetti diversi dal sé. Egli però non sa ancora distinguere le cose dalle persone: si parla quindi di "oggetto precursore". Spitz lo definisce precursore dell'oggetto: il I organizzatore psichico.

 

Periodo del rapporto oggettuale con oggetto privilegiato: 7°-8° mese. Il bambino comincia a distinguere la madre dall'estraneo. Il volto della madre riconosciuto diventa l'oggetto privilegiato. C'è ora una risposta selettiva: accettazione della madre e difesa dall'estraneo. Infatti si definisce angoscia dell'ottavo mese quella che prova il bambino di fronte alla figura non materna. Spitz lo definisce II organizzatore: questo serve a catalizzare le successive esperienze secondo la dicotomia conosciuto/sconosciuto. Questa reazione non si avrà nel bambino allevato in befatrofio.

Altro contributo alla comprensione della stretta interdipendenza dello sviluppo affettivo con quello cognitivo è dato dalle osservazioni di M.Klein che ha studiato la personalità infantile direttamente, impiegando nel bambino il metodo psicoanalitico. La vita del bambino nei primi mesi è particolarmente ricca di contenuti che prendono il nome di Fantasmi: questi sono costituiti dai sogni, dalle fantasie, dalle rappresentazioni mentali. Secondo K. la vita primitiva del bambino è regolata soprattutto dall'intimo e tiene conto principalmente di queste "presenze" interne di ordine fantastico. Le esperienze intime del bambino riguardano inizialmente i suoi bisogni e la loro soddisfazione. Es. con l'allattamento il bambino appaga il suo bisogno alimentare, sessuale e sociale: piacere. Se non può soddisfare il proprio bisogno, questo provoca insoddisfazione: dispiacere. Egli vive la madre come oggetto buono quando soddisfa i suoi bisogni, e come oggetto cattivo quando frustra tali bisogni. Il bambino vive cioè dapprima due oggetti diversi, laddove c'è uno solo reale: posizione schizo-paranoide. L'ottavo mese coincide con la scoperta che queste due presenze sono una medesima persona e rappresenta una constatazione traumatizzante, e da ciò deriverebbe nel bambino il sentimento di colpa. Il bambino si accorge che l'oggetto materno è apportatore di due realtà: quella buona e quella cattiva. Egli così instaura con la madre un rapporto di ambivalenza affettiva superando un'iniziale fase di depressione dell'umore: posizione depressiva. In definitiva, il bambino supera il periodo critico in quanto si accorge che la realtà non è totalmente ostile: la madre infatti, pur essendo talora frustrata, in genere è li che lo cura e si prodiga per lui.

Tornando alla fase orale, va sottolineato che la bocca non è la sola sede delle esperienze primarie ed essenziali della vita affettiva. Si sono dimostrate di importanza fondamentale per l'equilibrio psicofisico del neonato la stimolazione cutanea (termica, tattile, cinestesica) che risulta fondamentale per lo sviluppo del senso di sicurezza, di apertura fiduciosa verso l'ambiente. Anche il canale acustico è fondamentale. Sulla ricchezza e la varietà degli scambi, e soprattutto sulla qualità delle relazioni si vengono costituendo le fondamenta dell'affettività del bambino. In particolare i sentimenti di sicurezza-insicurezza; fiducia-sfiducia; cominciano a radicarsi in questa fase.

 

Fase Sadico-anale: 2° anno

L a zona corporea implicata nello sviluppo affettivo in questa fase è quella anale. La fase sadica è così denominata per sottolineare il fatto che il bambino comincia a soddisfare in quest'epoca certi bisogni di aggressività e di lotta. Si comincia a sviluppare l'autonomia motoria, la locomozione ed il bimbo trae piacere dalle prime esperienze di lotta, di competizione fisica coi coetanei, con gli oggetti fisici. Comincia a svilupparsi l'attività verbale con la comparsa del NO ancora prima del SI: usa il no di fronte alle sempre più frequenti richieste e restrizioni della madre che tende a limitarlo.

In questa fase la zona degli sfinteri che regolano la escrezione acquista importanza particolare.

Infatti nel 2° anno la madre da un lato restringe la motricità, dall'altro disciplina la funzione intestinale, esigendo che il bambino non sporchi. Il bambino, educando i propri sfinteri si impegna ad un rapporto di scambio con l'ambiente: egli non ha più soltanto un atteggiamento volto a prendere, a soddisfare le sue esigenze, bensì anche a fornire una prestazione. Col dare e trattenere le feci egli può infatti dimostrare che ha imparato a corrispondere. L'atteggiamento dell'adulto è decisivo ai fini dello sviluppo affettivo, atteggiamenti di limitazione e di interdizione o colpevolizzazione possono contribuire ad accentuare nel bambino i tratti della inibizione, della coartazione e del super controllo: un super controllo che da esterno si fa via via interno una volta che il bambino ha assimilato le norme educative. In altri casi può dominare un clima di contrapposizione e di scontro: una contrapposizione che può avere il suo esito in frequenti cedimenti dell'adulto che può portare ad un interminabile braccio di ferro o ad una incoercibile resistenza passiva tra adulto e bambino. L'atteggiamento dell'adulto prosegue il processo di modellamento delle disposizioni affettive e della personalità già iniziato al primo anno di vita.

 

Seconda infanzia - fase Fallica o Edipica (3°-4°-5° ANNO)

Verso il 3° anno il bambino per la prima volta vive una serie di problemi che coinvolgono la genitalità e si accentua l'interesse verso quegli organi esterni che meglio rappresentano la sessualità. Il bambino pone ai genitori domande su 2 problemi: la differenza tra i sessi; il meccanismo della nascita del bambino. L'ipotesi iniziale che i bambini generalmente fanno è quella di una ugualianza tra i sessi: l'organo genitale della bambina è considerato identico a quello del maschio. La fase fallica o edipica è caratterizzata da una situazione triangolare nel rapporto del bambino con le figure dei genitori. Verso il 3° anno il bambino comincia ad avvertire sempre più intensamente, un ostacolo al possesso egocentrico del genitore del sesso opposto, verso cui è attratto. L'ostacolo è rappresentato dal genitore dello stesso sesso; il rivale modello diventa così l'oggetto della identificazione normativa del bambino, attraverso la quale egli incorpora inconsciamente molti dei modelli di condotta, le norme, le regole, i programmi e le inibizioni, che il padre rappresenta. Tutto ciò, entrando a far parte di fatto della sua personalità, costituirà in essa quella componente che è denominata super-io: qualcosa che può essere vissuto come più forte dell'io nel senso che non solo frena gli impulsi dell'es, ma anche ispira il comportamento dell'io stesso. La figura paterna viene presa dentro, fatta propria, ingoiata o introiettata, come si suol dire nel linguaggio psicoanalitica, realizzandosi con ciò ad un tempo il superamento, la distruzione dell'oggetto frustrante, il padre, e l'arricchimento normativo del soggetto.

Assimilando le norme, il bambino impara progressivamente a dilazionare i propri bisogni, ed in particolare ad escludere dai propri desideri il totale possesso affettivo della madre.

La bambina, d'altro canto, si rende conto di non avere il pene e rivolge la sua attenzione nei confronti del padre. Timore di perdere la madre e senso di inadeguatezza la portano al superamento di questa fase attraverso la rimozione e l'identificazione successiva con la madre, accettandola come modello di crescita. La situazione edipica può avere effetti molto diversi in relazione alla differente strutturazione di ogni nucleo familiare: per quel che riguarda l'atteggiamento verso la sessualità, in casi estremi il risultato può essere quello della rinuncia e della totale rimozione con l'effetto di una vera e propria castrazione psichica (impotenza; frigidita); in altri casi una particolare costellazione familiare può provocare condizioni di incertezza o di inversione nella identificazione sessuale.

La fiducia ed i sentimenti affettivi verso l'altro sesso possono essere turbati se si hanno avute esperienze familiari negative; le persone possono quindi avere la tendenza a sviluppare reazioni delusorie o gelosia esasperata, senso di inferiorità in seguito ad esperienze edipiche particolari.

La dinamica della tipica relazione triangolare è, anche se oggi sempre meno spesso, complicata dalla presenza di altri membri nella famiglia, quali fratelli e sorelle. La dinamica dei rapporti tra fratelli si inserisce nella dinamica edipica differenziando e personalizzando l'esperienza affettiva dei singoli.

 

Terza infanzia - Fase di Latenza (5°-6°-11°anno)

Mentre dal 3° al 5° anno il bambino tendeva attivamente a mettere in 1° piano tutto quello che a suo modo riguardava la sessualità, dopo il 6° anno, risolta la fase edipica, quell'effervescenza si spegne e su tutti quei fenomeni si stende, se pur non completamente, il velo della rimozione.

Nella fase di latenza gli impulsi sessuali subirebbero un decremento e questo periodo risulta molto importante per la maturazione intellettiva; affettivamente questa fase non pone gravi problemi.

Il fanciullo è preso dagli interessi intellettuali e ludici, si aggrega ai compagni, si sforza nell'assimilare le norme e le caratteristiche sociali. ha un grande disinteresse per il sesso opposto. C'è un progressivo declassarsi delle figure autoritarie familiari, e quindi una maggiore capacità di differenziare giudizi e comportamenti al fine di raggiungere un buon adattamento nel gruppo.

E' verso l'11° anno, all'ingresso nella scuola media, che il ragazzo acquista l'identità di sé nelle diverse azioni e riconosce che è sempre lui che dice una bugia in certe occasioni e la verità in altre, che a volte può essere ribelle e a volte disciplinato: così anche gli altri sono percepiti non più negli effetti della loro condotta, ma come degli IO totali, dotati anch'essi di una identità, pur variabile, nelle diverse circostanze. Ciò conduce a rapporti sociali più reali e profondi e segna l'inizio della successiva fase di sviluppo: adolescenza.

Eta' della latenza: inibizione psichica o inibizione biologica: Freud faceva coincidere con l'inizio della latenza, meccanismi di difesa quali la regressione e la rimozione, e la fromazione reattiva, la sublimazione e la fantasia per il suo mantenimento.

Shapiro e Perry, facendo riferimento anche a studi di tipo neurologico e cognitivo, indicano nell'età di 7 anni una importante tappa sul piano maturativo, specie in relazione al raggiungimento del pensiero operatorio. L'età della latenza non viene considerata come un periodo di quiete o diminuzione della pulsione sessuale, ma come l'espressione di una raggiunta maggior capacità di controllo delle energie, di dilazionamento dell'energia, in seguito alla concomitanza di diversi fattori relativi allo sviluppo neurologico, cognitivo e psicodinamico; in questo caso si sottolineano le conseguenze del superamento del complesso edipico inteso come risultato dell'interiorizzazione delle immagini parentali e della formazione definitiva del Super-Io per cui se da un lato la latenza si configura come una specie di periodo di attesa nel corso dello sviluppo in cui si verifica un rallentamento o riduzione dell'affettività e dell'immaginazione, dall'altro questa pausa permette al bambino di abbandonare in parte gli interessi edipici per i genitori, uscire nel mondo esterno, cominciare a socializzare ed imparare nel senso scolastico del termine.

Al di fuori dell'ambito psicoanalitico, si sta affermando un nuovo approccio che ha rivalutato la nozione di temperamento nello studio della personalità. La definizione più attendibile è quella di Thomas e Chess che parla di stile comportamentale. Differenze individuali nel comportamento del bambino, caratteristiche personali già presenti dalla nascita, permettono di ipotizzare stili comportamentali diversi, che influenzerebbero fortemente le modalità allevanti della madre. L'aspetto dell'interazione tra il temperamento del bambino e la risposta dell'ambiente appare di fondamentale importanza.

Se infatti da un lato il bambino nasce con un corredo biologico proprio che comprende delle informazioni che riguardano caratteristiche individuali, dall'altro tale corredo lo predispone a interagire con l'ambiente e ad adattare le sue azioni in funzione di esso.

Lo stile comportamentale del bambino si definisce rispetto ad alcune dimensioni che differiscono sin dalla nascita; queste sono il livello di attività, la regolarità delle funzioni biologiche, l'approccio o la ritirata di fronte agli stimoli nuovi, il grado di adattabilità, la soglia sensoriale, l'umore prevalente. Tali dimensioni permettono di individuare tre ampie categorie di temperamento: quella del bambino facile, del bambino difficile, del bambino lento a scaldarsi. Uno sviluppo positivo del bambino è garantito proprio dalla cosiddetta goodness of fit, cioè una perfetta concordanza tra le caratteristiche del bambino e le aspettative e le risposte dell'ambiente. A livello di indagine rispetto allo sviluppo affettivo, sembra fondamentale utilizzare i reattivi del disegno, nonostante i limiti dei tests proiettivi. Il test del disegno dell'albero di Koch ci indica le strutture portanti, gli aspetti autentici e profondi della personalità, è l'equivalente dell'autoritratto. Le radici dell'albero, nella loro presenza o assenza, danno stabilità alla persona, rappresentano la parte primitiva ed istintuale, l'energia vitale; il tronco rappresenta l'Io, con i suoi eventuali traumi o nodi, collocabili lungo lo sviluppo evolutivo; la chioma è l'espressione della vita mentale, della creatività, degli interessi e soprattutto delle relazioni con l'ambiente sociale. Il test del disegno della figura umana di Machover offre l'autoimmagine personale e sociale immediata che il bambino possiede di se stesso.

Le relazioni con l'ambiente sono individuate nel test del disegno della famiglia di Corman, qui è possibile seguire le fasi dello sviluppo del bambino in base alla collocazione dei personaggi nello spazio, alle loro dimensioni, alle caratteristiche grafiche, sulla base delle identificazioni.

Di solito il bambino disegna la famiglia che desidera, o quella di cui ha paura, sulla quale riversa aspettative, difese, esigenze e tendenze affettive positive o negative, bisogni; è una famiglia differente dalla famiglia reale. Anche il C.A.T. è utile per individuare i conflitti di base nello sviluppo psico-affettivo, i meccanismi di difesa, i rapporti con i genitori, le tappe della maturazione affettiva e le identificazioni. Nel C.A.T. sono presentate al bambino scene di animali, in base ad esse al bambino è richiesto di inventare una storia. La teoria cognitivista con la terapia cognitiva propone la possibilità di intervenire sulla sfera affettiva ed emozionale non direttamente, ma attraverso la correzione e la trasformazione delle cognizioni che ne sono all'origine. Un principio di base è che il contenuto del pensiero influisce sullo stato d'animo, determinandolo.

L'evento sperimentato diventa soggettivo grazie al suo significato di piacevolezza o spiacevolezza che gli viene attribuito con l'interpretazione. Il modello cognitivista fa risalire molti problemi psichici a distorsioni delle realtà, visioni della stessa basate su premesse errate, avvenute per un apprendimento difettoso nel corso dello sviluppo. Si formano così giudizi inesatti che hanno valore di abitudini sempre più radicate, delle quali la persona non è consapevole; valutazioni irrealistiche della realtà prevalgono su quelle realistiche e le reazioni del soggetto appaiono eccessive ed inappropriate. La nevrosi, in questo modello terapeutico, è vista come un disturbo del pensiero in cui la persona distorce la realtà per adattarla alle idee che dominano il suo pensiero.

Le differenze fra le varie nevrosi sono date dal diverso contenuto del pensiero; la forza di tali pensieri aumenta quanto più la patologia è grave. L'approccio cognitivista usa, come strumenti terapeutici, le interpretazioni, le previsioni, le strategie di soluzione dei problemi, i ragionamenti, ossia gli aspetti del pensiero che il paziente può impiegare in modo costruttivo.