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Questa Cmap, creata con IHMC CmapTools, contiene informazioni relative a: Svevo 1 - profilo, da una famiglia mista (il padre austriaco, la madre italiana), di religione ebraica: l'ebraismo fu un altro tratto eccentrico della sua figura rispetto a quella di molti letteati contemporanei per cui lui, che si chiamava in realtà Ettore Schmitz, quando cominciò a scrivere assunse come pseudonimo Italo Svevo (come dire, Italiano - Tedesco) per sottolineare questa sua assenza di radici definite, ITALO SVEVO conobbe una svolta nella vita dopo il matrimonio con la cugina, Livia Veneziani, il cui padre possedeva una avviata fabbrica di vernici, presso la quale cominciò a lavorare con ruoli dirigenziali, lasciando dunque l'insoddisfacente impiego in banca, l'autore frequentò un collegio in Germania con studi di orientamento tecnico, poi una scuola commerciale a Trieste, e dunque non imparò da piccolo l'Italiano, e tanto meno l'Italiano letterario, perché in famiglia si parlava il dialetto triestino; l'Italiano lo apprese bene solo in età adulta, studiando da autodidatta fatto che spiega l'originalità della lingua sveviana, inelegante e imperfetta, ma anche lontana dalla vuota ricercatezza formale delle opere decadenti, una formazione"tecnica", in quanto la sua famiglia voleva che si occupasse dell'azienda del padre che aveva una ditta commerciale fatto che spiega l'originalità della lingua sveviana, inelegante e imperfetta, ma anche lontana dalla vuota ricercatezza formale delle opere decadenti, i suoi primi due romanzi. Una vita e Senilità, pubblicati a proprie spese, non ebbero il minimo riconoscimento fino a quando l'autore non li fece conoscere a James Joyce, suo insegnante privato di inglese nei primi anni del Novecento, che lo incoraggiò a proseguire, l'originalità della lingua sveviana, inelegante e imperfetta, ma anche lontana dalla vuota ricercatezza formale delle opere decadenti lingua che era molto più in sintonia con gli sperimentalismi delle avanguardie europee che con la cultura accademica e i gusti della critica italiana, ITALO SVEVO nacque da una famiglia mista (il padre austriaco, la madre italiana), di religione ebraica: l'ebraismo fu un altro tratto eccentrico della sua figura rispetto a quella di molti letteati contemporanei, il padre dichiarò fallimento a causa di investimenti sbagliati e il giovane autore fu costretto ad impiegarsi presso la Banca Union di Vienna e da questa esperienza l'autore trasse la profonda conoscenza delle dinamiche psicologiche più sottili e angoscianti (monotonia esistenziale, frustrazione, ambizione, invidia) dell'ambiente impiegatizio, soprattutto nel suo primo romanzo, Una vita, durante e dopo il primo conflitto mondiale la fabbrica ebbe una notevole fortuna e Svevo raggiunse una condizione economica invidiabile ecco perché osò riprendere il progetto della scrittura (sospeso dopo l'insuccesso del secondo romanzo e e diede alle stampe la sua opera più controversa e geniale, La coscienza di Zeno, nella Trieste di fine Ottocento, città di confine, borghese e mitteleuropea ambiente particolare in quanto la città apparteneva all'Impero asburgico, che ne aveva sviluppato la vocazione commerciale e marittima, dunque aveva una identità mista, da luogo di confine, pragmatica e concreta, dopo il primo conflitto mondiale il clima culturale in Italia era mutato e anche la nostra letteratura cominciava ad uscire dal suo secolare provincialismo per quanto l'apertura fu limitata e di breve durata, in conseguenza del rafforzamento del regime fascista a partire dagli anni '30, il padre dichiarò fallimento a causa di investimenti sbagliati e il giovane autore fu costretto ad impiegarsi presso la Banca Union di Vienna e da questa esperienza l'autore trasse il senso del fallimento, la comprensione della frustazione che segue la consapevolezza del declassamento, coltivò fin da giovane il sogno di occuparsi di letteratura, sogno che lo spinse a studiare i classici italiani e a scrivere tuttavia i suoi primi due romanzi. Una vita e Senilità, pubblicati a proprie spese, non ebbero il minimo riconoscimento, ITALO SVEVO nacque nella Trieste di fine Ottocento, città di confine, borghese e mitteleuropea, ebbe inaspettatamente un grande successo di critica anche in Italia, dopo essere stata segnalata da Joyce ai due critici parigini Valery Larbaud e Benjamin Cremieux e dopo che per loro tramite venne recensita nella rivista L'Esame da Eugenio Montale nel 1925 tuttavia l'autore non riuscì a godersi il successo agognato a causa della morte prematura nel '28, una formazione"tecnica", in quanto la sua famiglia voleva che si occupasse dell'azienda del padre che aveva una ditta commerciale ma coltivò fin da giovane il sogno di occuparsi di letteratura, sogno che lo spinse a studiare i classici italiani e a scrivere, ITALO SVEVO ebbe una formazione"tecnica", in quanto la sua famiglia voleva che si occupasse dell'azienda del padre che aveva una ditta commerciale, una svolta nella vita dopo il matrimonio con la cugina, Livia Veneziani, il cui padre possedeva una avviata fabbrica di vernici, presso la quale cominciò a lavorare con ruoli dirigenziali, lasciando dunque l'insoddisfacente impiego in banca e inoltre durante e dopo il primo conflitto mondiale la fabbrica ebbe una notevole fortuna e Svevo raggiunse una condizione economica invidiabile, da una famiglia mista (il padre austriaco, la madre italiana), di religione ebraica: l'ebraismo fu un altro tratto eccentrico della sua figura rispetto a quella di molti letteati contemporanei e questo spiega la sua cultura europea: studiò Schopenhauer, Nietzsche, Darwin e conobbe direttamente, a partire dal 1910, la psicanalisi di Sigmund Freud, ebbe inaspettatamente un grande successo di critica anche in Italia, dopo essere stata segnalata da Joyce ai due critici parigini Valery Larbaud e Benjamin Cremieux e dopo che per loro tramite venne recensita nella rivista L'Esame da Eugenio Montale nel 1925 anche perché dopo il primo conflitto mondiale il clima culturale in Italia era mutato e anche la nostra letteratura cominciava ad uscire dal suo secolare provincialismo