Il Romanticismo in Italia

Letteratura e Risorgimento

Luca Pirola
5 min readMar 29, 2020

La cultura romantica in Italia si diffonde più tardi rispetto ai paesi dell’Europa nord occidentale e assume dei caratteri propri in relazione al clima della penisola, infatti il dibattito politico e culturale è dominato dal Risorgimento.

I vespri siciliani di Hayez

Le cause del ritardo della propagazione della cultura romantica sono molteplici. Innanzitutto la limitatezza di un pubblico di lettori per l’analfabetismo diffuso, da ciò deriva anche la scarsa diffusione di testi e la ridotta dimensione delle case editrici non riesce a creare una ampio mercato editoriale. Inoltre la divisione politica e il carattere reazionario dei governi, che applicano una rigida censura, non favoriscono la circolazione di nuove idee, soprattutto se legate a istanze di cambiamento.

Classicisti e Romantici

Il dibattito degli intellettuali, infatti, si catalizza intorno alla polemica tra difensori della tradizione letteraria, i Classicisti, e coloro che desiderano un rinnovamento delle forme, dei temi e dei generi, i Romantici. Ciò significa anche che la diatriba si sofferma sulla necessità di aprirsi alle altre letterature europee di allargare il pubblico di lettori scegliendo temi e generi adeguati al popolo, cioè ovvero quella parte di popolazione né troppo sofisticata e tradizionale (i “Parigini”), né eccessivamente incolta e grossolana (gli “Ottentotti”), come è stato definito da Berchet; per fare ciò il poeta deve cantare il suo tempo e deve educare i suoi contemporanei con un linguaggio moderno e comprensibile. La poesia, sempre secondo Berchet, ha come funzione principale quella di indicare come nuovo percorso compositivo la poesia popolare (e quindi romantica) al contrario di quella classica e mitologica, che è definita dagli ambienti romantici “poesia dei morti” in quanto espressione di una poetica che non esisteva più. I Classicisti rispondono che i Romantici vogliono togliere agli Italiani il primato nelle lettere, unica gloria rimasta (melodramma, musica, latinità).

Contribuiscono al dibattito anche due importanti letterati italiani. Nel 1818 Giacomo Leopardi scrive il Discorso di un Italiano intorno alla poesia romantica, in cui si schiera con i classicisti. Egli afferma che il “vero” è realtà quotidiana, perciò banale e triviale, senza alcuna dignità poetica. I classici, inoltre, cantano cose eterne e immutabili, mentre i Romantici non possono distinguere ciò che ha realmente valore nel presente. Infine Leopardi afferma che i classici esprimono i più alti valori di bellezza e fantasia, perché non erano oppressi dalla Ragione e dalla cultura. Considerando le affermazioni di Leopardi al di fuori della polemica ottocentesca, si nota che in realtà egli interpreta in senso romantico i classici, perché sono visti come espressione di fantasia libera e indipendente, un’idea vicina alla poesia di intuizione dei Romantici.
Alessandro Manzoni risponde nella Lettera sul Romanticismo (1823) epistola pubblica in cui sostiene che l’arte ha un contenuto morale e cristiano. Manzoni descrive il sistema romantico come composto da una parte negativa, da cui deriva il rifiuto delle tematiche classiche e della mitologia (che rappresenta una forma di paganesimo). A questa segue una parte positiva, che stabilisce i caratteri essenziali della letteratura. L’arte, per essere tale, deve avere l’utile per scopo, cioè deve educare, il vero per soggetto, quindi deve esprimere il Vero storico (raccontare perciò eventi veri) e il Vero morale (divulgare la verità cristiana), infine l’interessante per mezzo, pertanto deve abbandonare il vecchio repertorio linguistico per sceglierne uno moderno.

Il Romanticismo italiano ed europeo

La denuncia segreta di Hayez

I primi romantici italiani sono influenzati dalle poetiche d’Oltralpe di cui accolgono solo le istanze che reputano coerenti con la realtà italiana. Essi sentono lontano dal proprio spirito il senso del mistero e il misticismo naturale. Non si trovano nelle loro opere accenni all’irrazionalismo, né la presenza di forze oscure nell’individuo e nella Natura. Non sono propri del Romanticismo italiano neanche i temi fantastici e la descrizione di mondi popolati da elfi, streghe e fate.

Invece i Romantici italiani delle idee del Romanticismo europeo accolgono il senso della Storia, come percorso della civiltà umana. La rivalutazione dello Storicismo sviluppa l’interessa per lo studio della storia e — soprattutto per l’epoca del Medioevo in cui si ritrovano i prodromi della nazione italiana. Si reinterpretano eventi storici in chiave risorgimentale, ad esempio le lotte tra la Lega Lombarda e il Barbarossa sono lette come un episodio della secolare lotta per l’indipendenza dall’Austria. Nella stessa ottica i Romantici esaltano il concetto di nazionalità, per cui il rinnovamento culturale si lega all’ideale risorgimentale e liberale. Allo stesso modo il rifiuto dei classici e l’adesione all’esigenza di una poesia legata al presente esprime l’esigenza di un cambiamento sociale e politico.

La questione della lingua

Da queste considerazioni nasce il dibattito su quale lingua scegliere per scrivere. La produzione letteraria all’inizio dell’Ottocento si esprime in una lingua astratta e convenzionale, che è rimasta intatta dall’inizio del Cinquecento. I letterati hanno, pertanto, un pubblico limitato, di dotti e aristocratici, perché non sono compresi dalla maggioranza degli Italiani, che non conoscono i termini e le strutture della lingua letteraria. Infatti i dialetti sono quotidianamente utilizzati per comunicare, anche tra le classi colte. Inoltre per comunicare nei salotti letterari si usa il francese. L’italiano, perciò, rimane una lingua libresca e fossilizzata.

I Romantici considerano la lingua un elemento dell’evoluzione dello spirito di un popolo, tanto che sostengono che l’evoluzione civile dei popoli si ritrova nello sviluppo del proprio linguaggio. Pertanto essi vogliono scrivere in un linguaggio, che usi un lessico e uno stile meno tradizionali ed esprima i sentimenti dell’individuo e della comunità nazionale. Infatti realizzare l’unità nazionale significa anche creare una lingua nazionale.

La questione che si pone a questo momento è: qual è la lingua nazionale italiana?
Entro il gruppo di intellettuali romantici si configurano due posizioni intorno alle idee espresse sulla rivista Il conciliatore da Giovanni Berchet e su L’antologia, che pubblica gli interventi di Alessandro Manzoni.
Il primo sostiene che la lingua nazionale deve accogliere tutti i vocaboli che rispondono alle esigenze sociali di comunicazione ed è fondato sull’uso delle classi colte di ogni regione. Manzoni, al contrario, afferma che la lingua nazionale — che lui intende come il linguaggio di conversazione e letteraria — è quella basata sul toscano parlato dalle classi colte.

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