L'Architettura greca adottò i modelli architettonici del repertorio figurativo del mondo antico traendo ispirazione dagli esempi egizi, micenei, reinterpretandoli e fondendoli in una creazione originale. La particolarità dell'arte greca, rispetto alla tradizione, risiede nella sua visione antropocentrica, nell'attenzione riservata alle proporzioni e alle dimensioni del corpo umano, nel suo rifiuto della dismisura e nella sobrietà, semplicità delle sue forme. Stabilità, ordine e simmetria furono, dunque, sin dalle origini le caratteristiche principali dell'arte greca. Nel mondo greco, già nel VII secolo a.C., si stabilì un forte legame tra arte e religione, e la produzione artistica fu strettamente associata al culto delle divinità. L'arte rivestiva una funzione sociale e il tempio era la manifestazione del sentimento religioso di tutta la comunità. Lusso e grandiosità, mal tollerate nelle costruzioni private, furono riservate all'edificazione di superbi santuari. Nell'età arcaica (VIlI-VI sec. a.C.) la dimora degli dei era simile a quella degli uomini, variava solo la dimensione e la decorazione era più ricca. Inizialmente gli edifici furono costruiti con materiale poveri (legno, argilla cruda, paglia), ma nel VI secolo a.C. l'architettura compì un balzo prodigioso con la conquista di materiali nobili e l'introduzione della pietra tagliata. Furono così utilizzati blocchi squadrati detti Plinthoi dapprima realizzati solo in semplice calcare e poi in marmo. Questo cambiamento fu la diretta conseguenza dello sviluppo economico, sociale e urbanistico delle poleis greche. Alla fine del VII secolo a.C. si deve la nascita della tipologia basilare del tempio, che manterrà intatte le sue caratteristiche fino all'epoca ellenistica. Le parti dell'edificio e le loro funzioni specifiche vennero definite nettamente. L'area sacra (temenos), dove sorgeva il tempio, veniva recintata da un muro o delimitata da un semplice cippo. In epoca classica (VI-IV sec. a.C. circa) ed ellenistica (dal III sec. a.C.) il temenos si trasformò da portico con semplici sostegni in legno in grandiose gallerie colonnate, arricchite da rivestimenti marmorei. I riti religiosi si svolgevano all'esterno dell'edificio davanti allo spazio del tempio dove sorgevano altari per i sacrifici e numerose edicole erette in onore degli dei dell'Olimpo. Solo i sacerdoti potevano entrare nella cella (Naos) del tempio dove era custodito il simulacro della divinità. La statua, durante le celebrazioni religiose, veniva esposta alla vista dei fedeli, che dopo un bagno purificatore davano inizio a solenni processioni. Il naos era preceduto da un colonnato che poteva circondare l'intero edificio. Il sistema costruttivo si basava su un semplice schema di combinazione di elementi portanti verticali, le colonne, ed elementi orizzontali, gli architravi. I blocchi di marmo venivano sbozzati nella cava e poi trasportati su carri e rifiniti sul posto. Successivamente la loro superficie veniva levigata, attraverso un trattamento particolare, da sabbie, lubrificanti e pietre lisce. Se il materiale era in calcare poroso veniva ricoperto da uno strato di intonaco che aveva la duplice funzione di nascondere le imperfezioni della pietra e proteggerlo dalle intemperie. I Greci non utilizzavano la malta, i blocchi di pietra erano tenuti insieme dalla forza di gravità o da cavicchi tiranti e grappe di metallo. La copertura del tempio era costituita da un tetto a due spioventi, la fronte (chiamata frontone) veniva decorata con gruppi scultorei che risaltavano sul fondo di colore rosso o blu. I Greci coloravano solo alcune parti del tempio: le metope, i triglifi e la sommità delI'architrave. Le colonne, distinte in tre ordini dorico, ionico e corinzio, oltre a scanalature verticali non presentavano altre decorazioni poiché si voleva evidenziare la loro funzione di sostegni portanti. Lo stile dorico proveniva dalla regione del Peloponneso e si sviluppò nella metà del VII e agli inizi del VI sec. a.C. Il fusto della colonna poggiava direttamente sulla base del tempio (stilobate), il capitello era formato da un dado quadrato (abaco) e da una specie di rigonfio cuscino (echino), ed in alto l'architrave era decorato da triglifi e metope. È stato ipotizzato dagli studiosi che tali forme potrebbero derivare da più antichi esempi micenei. Stile monumentale sobrio severo dalle massicce dimensioni, il dorico, fu per queste sue caratteristiche particolarmente amato nelle colonie di Occidente. Lo stile ionico nacque e si sviluppò principalmente nelle regioni dell'Asia Minore, nelle Isole Egee e ad Atene si diffuse a partire dal VI secolo a.C. Fu trasformato, elaborato, dagli architetti della lonia e dell'Attica nel VI-V sec. a.C. e conobbe grande diffusione in epoca ellenistica, distinguendosi dal dorico per il suo carattere più raffinato e decorativo. Le colonne ioniche erano slanciate e sottili, il loro capitello era formato da due volute laterali mentre sulla trabeazione correva un fregio continuo. Le origini del capitello corinzio avvolte nel mistero, il motivo decorativo composto da foglie di acanto comparve inizialmente nelle stele funebri del V secolo a.C. e adattato fu poi riutilizzato dallo scultore Scopas e dalla scuola di Epidauro. Gli architetti greci avevano un senso sviluppato delle proporzioni e dei volumi, ed erano particolarmente attenti al rapporto che si instaurava tra edificio e paesaggio. Volendo dare grande risalto al tempio evitarono la veduta assiale o frontale. L'edificio si svelava progressivamente alla vista dell'osservatore, che non riusciva con un unico colpo d'occhio ad abbracciare l'intera bellezza delle sue forme. Nella progettazione architettonica venivano applicati i principi della geometria e della matematica prendendo come unità di misura (modulo) il diametro della colonna. Un osservatore posto ad una certa distanza dall'edificio tende a vedere curve linee che in realtà sono rette. Per evitare queste deformazioni prospettiche, dovute alla curvatura fisica dell'occhio, i Greci adottavano degli ingegnosi espedienti. Si curvavano lievemente i contorni di fusti, cornici e piedistalli. Le colonne venivano rastremate all'estremità e presentavano un leggero rigonfiamento (entasi) al centro. Il diametro dei sostegni posti verso l'esterno era lievemente più piccolo di quello delle colonne più interne, che risaltavano sul fondo scuro e potevano perciò sembrare più sottili. Nelle colonie greche fu adottato lo stile severo e possente, le sobrie, massicce, equilibrate composizioni dell'ordine dorico, arricchite però da una vivace decorazione. Gli architetti magnogreci, sempre molto attenti alle ricerche luministiche, si impadronirono presto delle tecniche e seppero abilmente sfruttare le possibilità offerte dalla pietra locale, il poroso calcare. Il colore dei materiali impiegati, la semplicità delle forme, gli splendidi paesaggi contro cui si stagliano i maestosi templi, tutti questi elementi combinati assieme hanno dato vita alle più belle manifestazioni dello stile dorico in Occidente e nel mondo greco. In Magna Grecia per tutto il VI e V secolo a.C. gli architetti rimasero fedeli allo stile dorico. Si sono, infatti, riscontrati deboli influssi dello stile ionico solo in Sicilia c nelle colonie achee. L'impianto urbanistico delle colonie greche era più regolare e ordinato delle città della madrepatria e la ripartizione degli spazi, aveva un carattere pratico, rispondendo alle esigenze della comunità. I primi esempi di divisione razionale del territorio furono le piante di Taranto, Metaponto in Magna Grecia e di Megala Hyblea in Sicilia. Allo sviluppo politico, all'espansione delle poleis si accompagnò la ridefinizione dell'impianto urbanistico e l'ampliamento delle città secondo i principi di lppodamo da Mileto. Ippodamo filosofo, studioso di architettura, elaborò la creazione di una scacchiera ortogonale studiando gli esempi di realizzazione già effettuate in Sicilia e in Magna Grecia. A lui si devono le piante di Rodi, Mileto, e Turi. Gli architetti greci avevano un senso sviluppato delle proporzioni e dei volumi, ed erano particolarmente attenti al rapporto che si instaurava tra edificio e paesaggio. Volendo dare grande risalto al tempio evitarono la veduta assiale o frontale. L'edificio si svelava progressivamente alla vista dell'osservatore, che non riusciva con un unico colpo d'occhio ad abbracciare l'intera bellezza delle sue forme. Nella progettazione architettonica venivano applicati i principi della geometria e della matematica prendendo come unità di misura (modulo) il diametro della colonna. Un osservatore posto ad una certa distanza dall'edificio tende a vedere curve linee che in realtà sono rette. Per evitare queste deformazioni prospettiche, dovute alla curvatura fisica dell'occhio, i Greci adottavano degli ingegnosi espedienti. Si curvavano lievemente i contorni di fusti, cornici e piedistalli. Le colonne venivano rastremate all'estremità e presentavano un leggero rigonfiamento (entasi) al centro. Il diametro dei sostegni posti verso l'esterno era lievemente più piccolo di quello delle colonne più interne, che risaltavano sul fondo scuro e potevano perciò sembrare più sottili. Nelle colonie greche fu adottato lo stile severo e possente, le sobrie, massicce, equilibrate composizioni dell'ordine dorico, arricchite però da una vivace decorazione. Gli architetti magnogreci, sempre molto attenti alle ricerche luministiche, si impadronirono presto delle tecniche e seppero abilmente sfruttare le possibilità offerte dalla pietra locale, il poroso calcare. Il colore dei materiali impiegati, la semplicità delle forme, gli splendidi paesaggi contro cui si stagliano i maestosi templi, tutti questi elementi combinati assieme hanno dato vita alle più belle manifestazioni dello stile dorico in Occidente e nel mondo greco. In Magna Grecia per tutto il VI e V secolo a.C. gli architetti rimasero fedeli allo stile dorico.