EFFETTI RICERCATI E OTTENUTI La classificazione degli effetti considerata (euforia, dissociazione lieve, dissociazione forte e k-hole) va considerata come composta da una serie di stati di coscienza ordinabili lungo un continuum che va dalla lieve euforia alla dissociazione completa. Talvolta gli intervistati hanno infatti riferito di essere incorsi, più o meno gradualmente, in effetti di qualità e intensità variabili anche nel corso del medesimo episodio di consumo. a) Euforia. Se escludiamo le prime esperienze, l’assunzione di una modica quantità di ketamina sembra provocare nel soggetto uno stato di euforia. Alcuni paragonano tale sensazione a quella indotta dall’alcol, descrivendo una condizione di lieve mancanza di coordinazione motoria, eccitamento e disinibizione. b) Dissociazione lieve. Aumentando il dosaggio o ripetendo l’assunzione, molti raccontano di aver percepito una diversa modulazione dei colori, una lieve distorsione delle forme e una differente ? spesso più appagante ? ricezione della musica. Il tutto nell’ambito di esperienze che li hanno mantenuti in contatto con la situazione circostante e con le altre persone. Questo tipo di effetto sembra infatti quello più ricercato da coloro che al rave danno importanza primaria alla musica e al ballo. Danzando essi sembrano apprezzare molto anche gli effetti fisici della ketamina. La mancanza di coordinazione è infatti associata alla sensazione di “essere di gomma”, che rende piacevole appoggiarsi agli altri, generando un moto comune e armonico, talvolta provocando vere e proprie sinestesie . Ecco come, anche l’assunzione di ketamina a dosaggi moderati, possa costituire un ingrediente per amplificare gli aspetti rituali e collettivi del ballo in contesto rave, in maniera simile alle altre tradizionali party-drugs. Tuttavia anche in contesto domestico o di partecipazione limitata, questo stato sembra favorire l’interazione portandola talvolta su di un piano surreale e divertente. c) Dissociazione forte. Lo stato dissociativo può però intensificarsi nella misura in cui a una distorsione dei referenti presenti nel campo visivo sembrano aggiungersi alcune immagini o animazioni prodotte dalla mente: a volte generate da pensieri coscienti, a volte no. Oltre alle menzionate sinestesie, la musica e le luci – così come la stessa oscurità ? sembrano favorire anche tale gamma di effetti visivi. A questo livello il corpo è ancora in grado di reggersi in piedi e talvolta è possibile ballare, o credere di farlo, traendone piacere. d) Zona k-hole. Lungo il continuum menzionato, questo set di sensazioni si intensifica fino al punto in cui la percezione di referenti visivi auto-prodotti si sostituisce completamente a quella dei referenti presenti nel contesto. È in questa fase che il contatto con l’esterno si riduce al minimo, così come la capacità di muoversi e di reggersi in piedi. Con l’intensificarsi degli effetti il soggetto tende così ad accasciarsi e a entrare in quello stato che molti chiamano trance o k-hole. Da questo punto in poi gli intervistati si riferiscono all’esperienza ketaminica come a un viaggio interiore a cui è possibile assegnare connotazioni differenti. Alcuni sembrano affrontarla con entusiasmo, anche se è risultato raro che essa venisse ricercata intenzionalmente. Tuttavia tra coloro che non disdegnano tale “incidente di percorso” pare che l’esperienza venga elaborata come positiva o negativa sulla base del suo effettivo contenuto, ovvero caso per caso. Avvicinandosi al k-hole c’è chi racconta di un distaccamento dell’Io dal corpo, che permetterebbe di vedersi dal di fuori (spesso dall’alto). A volte il distacco è tale da offrire perfino la possibilità di spostarsi all’interno del contesto, o meglio nella sua rappresentazione mentale. Talvolta invece il viaggio avviene su un piano più onirico, totalmente avulso dalla situazione, portando il soggetto a vivere dei sogni o a rivivere esperienze passate rese quanto mai vivide.