ATTIVISMO E INTEGRAZIONE Come accennato, gli intervistati sono infatti principalmente soggetti adulti che si sono avvicinati al contesto rave in una fase in cui le appartenenze dei partecipanti erano in qualche modo maggiormente legate agli aspetti politici, culturali e artistici. Essi affrescono a diversi filoni della cultura rave e sono coinvolti negli secondo differenti modalità: si va da una componente consistente di raver ad alcuni squatter, traveller, goani e punkabbestia. Rispetto al ruolo ricoperto alcuni fanno parte di una tribe, altri sono dj, altri vendono sostanze, altri ancora vi partecipano da semplici fruitori. Per molti di loro l’accesso al mondo underground non è avvenuto attraverso il rave, ma spesso tramite l’associazionismo e l’attivismo politico; talvolta attraverso l’assunzione di stili di vita radicali (punkabbestia, squatter, traveller). Questo non ha evitato l’instaurasi di stili di consumo spesso estremi e problematici – talvolta aumentando l’esposizione dei soggetti ad alcune sostanze – ma ha spesso fatto sì che questi non venissero sovraccaricati di significato in termini di appartenenza. L’effettiva diversificazione delle fonti identitarie pare così aver promosso nel tempo, con le dovute eccezioni, l’assestamento verso stili meno orientati all’abuso. Pare quindi che, non solo il capitale culturale e sociale, ma anche quello contro-culturale, costituiscano di per sé un fattore protettivo rispetto all’uso problematico della ketamina e delle altre droghe. Ciò nella misura in cui offrono gli strumenti per riflettere sul senso del proprio agire individuale e collettivo, oltre a facilitare la promozione di buone prassi di gestione tanto degli eventi quanto del proprio consumo.