Interlingua e rilevazione degli errori
La comprensione del fenomeno definito in linguistica come «interlingua» può essere approcciata partendo da una considerazione delle fasi di acquisizione di una lingua:
"Per ogni nuova struttura (che sia una parola, una formula fissa come: quanto costa?, o una regola grammaticale) devono essere attraversate quattro fasi distinte:
esposizione all’input e individuazione: la struttura da apprendere deve essere anzitutto presente nell’input, poi bisogna notarla, accorgersi che esiste, prestarvi attenzione;
analisi: individuata la struttura, occorre capire come funziona, quando viene usata, in quali contesti si può trovare, se e come varia;
formazione di ipotesi: l’analisi di come la struttura viene usata nell’input porta a formulare ipotesi, generalizzazioni, ad accogliere la nuova struttura nell’interlingua, ristrutturando eventualmente il sistema usato fino a quel momento;
produzione: quando l’apprendente si è fatto un’idea di come funziona la struttura, quando e perché la può usare, farà i primi tentativi di applicazione; avrà così modo di verificare se le sue ipotesi sono valide o se devono essere riformulate"
(Scheda madre Poseidon)
Queste quattro fasi mettono in luce come l'apprendente/discente percorre e ripercorre di continuo il cammino di acquisizione/appropriazione dei fenomeni linguistici cui viene esposto in classe e nei contesti di apprendimento.
E' evidente che il docente si trova di norma a confronto con la fase della produzione, e che la mera rilevazione di errori come difformità rispetto a un target predefinito non è assolutamente sufficiente a comprendere, da parte del docente, a che punto si trova il discente; dal punto di vista del discente, la rilevaione e stigmatizzazione degli errori non aiutano a innescare processi virtuosi di autocorrezione